CONTRIBUTO DIDATTICO ALLA MOSTRA “POTERE E PATOS” DI PALAZZO STROZZI A FIRENZE
Il termine copia si riferisce alla riproduzione di un originale. Si possono distinguere vari significati del termine: la replica è la ripetizione, da parte dello stesso artista (o sotto la sua supervisione), di una propria opera. L’esemplare ha quindi lo stesso aspetto del modello, ma può avere dimensioni diverse. La variante è una copia a cui è stata apportata qualche modifica, senza però alterarne l’insieme. Il falso rappresenta una ripetizione dell’originale con intento di frode.
Realizzare copie è un modo per divulgare modelli di successo, ma anche per inventarne di nuovi: in alcuni casi è l’occasione per reinterpretare opere celebri.
L’uso di copie da statue originali di artisti famosi (in particolare Prassitele e Lisippo) si diffuse soprattutto dal periodo ellenistico, anche se le copie antiche avevano una certa autonomia nei dettagli perché raramente derivavano da calchi. Il copista antico stabiliva liberamente le singole misure di riferimento, in questo modo potevano aver luogo numerose varianti che manifestavano lo stile del copista e la sua interpretazione del modello. Nell’arte greco romana le copie hanno un’importanza fondamentale, essendo gli originali andati perduti nella maggioranza dei casi.
Fino a tempi recenti un metodo utilizzato per eseguire una copia fedele da un’originale è stato il calco a contatto. Il materiale tradizionale, il gesso, è stato sostituito negli ultimi anni dal silicone. Con entrambi i materiali si ottiene una fusione più piccola del soggetto di partenza, perché il bronzo fondendo ha un sensibile ritiro.